Che cos’è la difterite?
È una malattia infettiva molto grave causata da una tossina prodotta da un batterio, chiamato Corynebacterium diphteriae.
La malattia si trasmette da uomo a uomo per via aerea o per contatto diretto e il periodo di incubazione è in media 1-5 giorni.
La sede più frequente di infezione sono le prime vie respiratorie, soprattutto faringe e laringe.
Nella difterite vi è febbre e la formazione di una membrana grigiastra, spessa, molto aderente alle tonsille, palato e faringe per cui se si prova ad asportare la membrana vi è sanguinamento. E’ detta pseudomembrana difterica.
Il collo è gonfio e dolente per l’ingrandimento dei linfonodi sotto la mandibola e ai lati del collo tanto che viene chiamato “collo taurino”.
La formazione di membrane può essere tale da portare a gravi difficoltà respiratorie fino al soffocamento. Inoltre la tossina prodotta dal batterio si diffonde attraverso il sangue per cui si possono avere dei danni anche al cuore e al sistema nervoso. La diagnosi di difterite si può avere con l’isolamento del batterio che si ha tramite un tampone.
In Italia agli inizi del 1900, prima dell’introduzione del vaccino, era una malattia frequente: ogni anno nella popolazione infantile c’erano 20-30 mila casi di difterite e circa 1600 morti.
Dopo l’inizio della vaccinazione stabilita per legge nel 1939 i casi diminuirono nettamente. Dal 1968 la vaccinazione antidifterica viene effettuata contemporaneamente alla vaccinazione antitetanica.
E in Italia?
In Italia, dal 2015 ad oggi si è assistito a un aumento delle segnalazioni di infezioni causate da Corynebacterium diphtheriae.
In totale sono stati notificati 8 casi tra i quali 1, segnalato nel 2016 nel Nord Italia, dovuto a C. diphtheriae produttore di tossina responsabile di difterite cutanea. Tutti gli altri casi erano dovuti a ceppi di C. diphtheriae non produttori di tossina difterica.
Due casi sono stati particolarmente gravi. (Per maggiori informazioni consulta il Notiziario Iss: volume 28 – numero 3 di marzo 2015 e Epicentro)
In Italia l’ultimo caso mortale si è avuto nel 1991 in una bambina non vaccinata.
E nel mondo?
Da luglio 2016 è in corso in Venezuela un’epidemia di difterite.
Secondo i dati aggiornati alla 16a settimana epidemiologica del 2018 i casi sospetti sono 1716 (324 nel 2016, 1040 nel 2017 e 352 nel 2018) e quelli confermati 1086 (di cui 350 confermati in laboratorio e 736 epidemiologicamente).
I decessi sono stati 160 (letalità 14,7%). Sono stati registrati casi in tutte le fasce di età (la maggior parte nella fascia 1-49 anni), ma il maggiore tasso di incidenza si è verificato nella fascia 5-19 anni.
In risposta all’epidemia sono state intensificate la sorveglianza epidemiologica, l’identificazione dei casi, l’assistenza sanitaria, la vaccinazione dei bambini e degli adolescenti tra i 7 e i 15 anni di età, l’aggiornamento continuo del personale sanitario e gli interventi di educazione sanitaria.
L’epidemia fa seguito a un abbassamento delle coperture vaccinali in Venezuela che nell’ultimo quinquennio non hanno mai raggiunto il 95%. (Epicentro).
Da quanto scritto sopra si deduce di quanto sia importante vaccinarsi.
La cura della difterite si basa sulla somministrazione di anticorpi specifici contro la tossina, la terapia è tanto più efficace quanto più precocemente la si inizia. Inoltre vengono utilizzati gli antibiotici per uccidere il germe e rendere il paziente non contagioso.
Il vaccino antidifterico è costituito dalla tossina inattivata della difterite, cioè dalla tossina originaria resa innocua mediante procedimenti chimici che conserva però la sua capacità di stimolare la produzione di anticorpi protettivi.
Il calendario vaccinale prevede tre dosi nel primo anno di vita (al 3°, 5° e 12° mese), seguite da due richiami rispettivamente a 5-6 anni, e tra 11 e 15 anni. Ulteriori richiami sono raccomandati a cadenza decennale.
I vaccini contro la difterite sono disponibili in formulazione pediatrica e per adulti. La formulazione pediatrica è utilizzata per il ciclo primario ed i richiami fino a 6 anni di età.
La formulazione per adulti ha un ridotto contenuto di anatossina rispetto a quella pediatrica e viene utilizzata per le dosi di richiamo oltre i 6 anni e per la vaccinazione di adolescenti e adulti.
La vaccinazione antidifterica, a ciclo ultimato, conferisce una protezione pressoché totale.
La durata della protezione nel tempo è molto lunga ed è ulteriormente garantita dall’esecuzione dei richiami. Le reazioni indesiderate al vaccino antidifterico-antitetanico di solito sono reazioni locali quali rossore, gonfiore, dolore nel sito di iniezione e febbre che insorgono entro le prime 48 ore e si risolvono spontaneamente.
Queste reazioni non sono frequenti per le prime tre dosi ma aumentano di frequenza all’aumentare delle dosi somministrate.
Anche se sono stati raggiunti grandissimi successi nel controllo della malattia , è assolutamente necessario continuare a vaccinarsi.
La difterite infatti è ancora presente in molte parti del mondo, anche vicine a noi il rischio di malattia è sempre possibile, ma se continueremo a vaccinare non corriamo nessun pericolo!
In ultimo voglio dedicare poche righe al grandissimo scienziato a cui dobbiamo la scoperta della sieroterapia per la difterite.
Alla fine dell’Ottocento la difterite era una malattia devastante: colpiva soprattutto i bambini e uccideva il 50% di coloro che si ammalavano.
L’unica terapia, ammessa solo nei casi più gravi, era la tracheotomia.
Nel 1890 Emil von Behring dimostra con una pubblicazione che il siero, cioè la parte liquida del sangue che si ottiene eliminando globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, ricavato da animali che avevano contratto la malattia, possiede la capacità di neutralizzare l’effetto nefasto di tetano e difterite.
Nella notte di Natale del 1891, in un ospedale di Berlino, un bambino viene salvato per la prima volta dal siero antidifterico di Behring.
Immagino la grande emozione provata nell’aver salvato una vita e nello stesso tempo averne dimostrato l’efficacia. Sono trascorsi 116 anni da questa scoperta che ha salvato milioni di persone.
Il grande ricercatore ha ricevuto il Premio Nobel per la medicina nel primo anno in cui venne assegnato, nel 1901.