Vaccini si o no? Sfatiamo i falsi miti

Al terzo mese di vita del bambino arriva il momento della prima vaccinazione e i genitori si pongono tante domande e sono pieni di dubbi: vaccinare sì o no? Affrontare i dubbi con il proprio pediatra è certamente il modo giusto per avere risposte  basate su dati scientifici e non su falsi miti e/o opinioni personali. Inoltre vaccinare il proprio figlio è un atto di responsabilità oggi per un vantaggio futuro, non solo per il singolo, ma per tutta la comunità.  Negli ultimi anni infatti, si sta verificando un pericoloso calo delle coperture vaccinali e si sta di fatto mettendo a rischio quello che è il principio cardine delle campagne vaccinali: il raggiungimento della cosiddetta herd immunity (immunità di gregge).

Per fare chiarezza su questo tema tanto delicato, sentiamo il parere della dottoressa Donatella Morano, Medico Pediatra della FIMP di Roma e provincia.

Dottoressa, innanzitutto:  è obbligatorio vaccinarsi?

“La legge dell’obbligatorietà, introdotta in Italia negli anni ’60, è ancora in vigore, anche se è venuta meno in alcune regioni (in pausa nel Veneto a partire dal 1° gennaio 2008 e sospesa in Piemonte), ma in sostanza anche nelle altre regioni è diventato solo un qualcosa di anacronistico. Al posto dell’obbligo, inteso come intervento coatto, c’è la scelta consapevole, che implica un coinvolgimento attivo, si passa dall’obbligo alla condivisione. D’altronde nessuno ai tempi d’oggi metterebbe in discussione la potabilizzazione delle acque o l’uso degli antibiotici, conquiste di una società civile”.

Serve ancora vaccinare per malattie scomparse in società evolute e in pieno benessere?

“Di sicuro si. E’ vero che nel XX secolo sono notevolmente migliorate le condizioni igieniche (per es. la . potabilizzazione delle acque) e sanitarie (per es. uso di antibiotici), e quindi sono iniziate a controllare meglio le malattie infettive, ma è anche vero che con l’utilizzo su larga scala delle vaccinazioni è drasticamente calate l’incidenza delle malattie infettive. Anzi, se andiamo a leggere la storia della poliomelite, la sua diffusione è stata addirittura favorita dal miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie. Prima del Ventesimo secolo, quasi tutti i bambini andavano incontro all’infezione da virus polio nei primi mesi di vita; in quel periodo erano ancora protetti dagli anticorpi materni e di conseguenza non sviluppavano la malattia paralitica. Motivo per cui nei paesi occidentali le epidemie di poliomelite sono emerse con così grande violenza proprio negli anni’50 e l’inizio degli anni ’60 e sono cessate soltanto dopo l’inizio delle campagne di vaccinazione antipolio”.

Perché si inizia a vaccinare a 2 mesi, non è troppo presto?

“Si inizia a 2/3 mesi (dal 61°al 90°giorno di vita) per 3 motivi essenziali:

  1. A 2 mesi  il sistema immunitario del bambino è già in grado di rispondere alla vaccinazione;
  2. Aspettare non serve ad aumentare la sicurezza dell’atto vaccinale;
  3. Ogni ritardo nell’inizio delle vaccinazioni prolunga il periodo in cui il bambino è suscettibile alle infezioni prevenibili con il vaccino.

I vaccini indeboliscono o sovraccaricano il sistema immunitario? 

“Alcuni ritengono che il sistema immunitario del bambino a 2 mesi sia fragile. Ma se così fosse, gran parte dei neonati non sopravvivrebbe ai virus, batteri e funghi , che si trova a fronteggiare subito dopo la nascita. Sappiamo che una risposta immunitaria è già presente dalla 14^ settimana di gestazione. Da ricordare che la malattia naturale impegna molto di più il sistema immunitario, il virus del morbillo, per esempio produce una immunosoppressione che può durare diverse settimane dopo la malattia. Si può quindi affermare che è il morbillo a indebolire il sistema immunitario, mentre i vaccini lo rafforzano, mettendo l’organismo in condizioni di combattere le infezioni.
Pur essendo aumentato il numero dei vaccini nel corso degli anni è notevolmente diminuito il numero degli antigeni somministrati: tra la fine degli anni ’60 e fine anni ’70 solo per 5 vaccini (tetano, difterite, pertosse, polio e vaiolo) il totale degli antigeni per dose era 3215, oggi nel primo anno di vita per 7 vaccini (tetano, difterite, polio, pertosse, epatite B, emofilo B e pneumococco 13-valente) il totale degli antigeni per dose è 37. Se aggiungiamo anche i vaccini per meningococco C, morbillo, rosolia e parotite, quindi per 11 vaccini il totale degli antigeni è solo 63”.

La somministrazione di più vaccini comporta dei rischi?

“I più recenti studi clinici dimostrano che la somministrazione contemporanea di più vaccini (esavalente e 13-valente contro lo pneumococco) oltre a non determinare un aumento degli effetti collaterali severi, non produce una risposta inferiore rispetto alla somministrazione separata dei due vaccini.  Lo stesso discorso vale per gli altri vaccini (MPR, antimeningococco.C, ecc.). E’ vero che la somministrazione contemporanea di più vaccini può provocare un aumento delle reazioni locali e generali, ma tale inconveniente è ampiamente compensato dalla riduzione delle somministrazioni locali, riduzione degli accessi al servizio vaccinale con conseguente minore stress per il bambino”.

A cura di:

Dott.ssa Donatella Morano

Medico Pediatra FIMP Roma e Provincia

Condividi Questo post su